Fin dal giorno in cui l’essere umano ha scoperto come impacchettare e vendere un prodotto artistico, è gradualmente emersa una narrativa che non accenna a perdere di rilevanza: il creativo contro il magnate. Una storia senza tempo, il disperato dimenarsi dell’artista per liberarsi dal giogo del produttore o editore che intende mettere al guinzaglio la creatività così da usarla solo per ingrassare il proprio patrimonio, senza alcun ritegno.
Successe a Michelangelo, successe a Jackson Pollock ed è successo a Simulmondo.

Simulmondo è stata la prima software house italiana che riuscì a sviluppare e pubblicare i propri videogiochi, riuscendo a lavorare efficacemente con i distributori e anticipando diverse delle idee di marketing che poi fioriranno negli anni duemila; su tutte, i giochi a episodi. Queste avanguardiste idee di marketing, però, non furono sufficienti a permettere all’azienda di sopravvivere. Per ricostruirne la storia, ho preso contatti con diverse persone coinvolte nella storia di Simulmondo e ho scoperto che, nonostante siano passati due decenni, certe ferite non si rimarginano facilmente e le cicatrici non si scordano.

DISCLAIMER

Raccogliere informazioni su Simulmondo, nel 2021, non è stato compito facile. Attraverso le dozzine d’interviste sull’argomento pubblicate su web e riviste, le persone coinvolte hanno affermato, nel tempo, cose diverse: dall’ingigantimento di numeri fino all’emozionante narrazione di tempi trascorsi che, quando poi si è trattato d’interloquire col sottoscritto, hanno grandemente ridimensionato.

Ho fatto del mio meglio, anche grazie all’aiuto dei miei intervistati e delle fonti a disposizione, per arrivare a una ricostruzione degli eventi quanto più precisa possibile, così da mettere insieme quel che, spero, sia la versione più oggettiva della storia della prima software house italiana.

Il cielo sopra il porto aveva il colore del Simulmondo

La storia di Simulmondo inizia – e finisce – con Francesco Carlà.

Giornalista, figlio di un imprenditore, laureatosi con una tesi sui videogiochi – “La storia dei videogiochi dal 1971 al 1987” pubblicata nel 1990 – iniziò a collaborare con diverse testate dedicate fin da subito, dall’inizio degli anni ’80. Carlà era ossessionato dal mondo videoludico: nel 1984 era già proiettato verso il futuro e fu tra i primi in Italia a intuire le grandi potenzialità del mezzo, la sua pari dignità con arti come il cinema e la letteratura. Fu anche tra i pionieri del videogioco in televisione, intervenendo su diversi programmi contenitori come Videogames Weekend e Obladì Obladà già dal 1984.

Gli occhi del giovane giornalista brillavano con un sogno, un’immagine che sembrava accompagnarlo in ogni momento. La prima volta – racconta Carlà – gli venne in mente durante un soggiorno in un hotel di Londra: una proiezione mentale di un mondo virtuale fatto di personaggi che rispondevano ai comandi di un giocatore. William Gibson in Neuromancer lo definiva ‘realtà virtuale‘, Carlà preferiva il termine ‘simulmondo‘. Decise in quel momento che avrebbe dedicato la propria esistenza a cercare di costruire quel mondo virtuale, pur non avendo gli strumenti conoscitivi per capire come e dove iniziare.

Sembrava che la cosa fosse destinata a rimanere un sogno, fino a quando non incontrò Ivan Venturi.

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Nato a Bologna e talentuoso game designer fin da tenera età, Ivan conobbe Carlà attraverso alcune amicizie comuni e suo fratello.

Il giornalista prese subito in simpatia il ragazzino – non c’era poi enorme differenza d’età tra i due – acconsentendo di buon grado a visualizzare i vari titoli Commodore 64 sviluppati dalla giovane promessa. Dopo un iniziale interesse, Carlà, non particolarmente colpito dall’arretratezza di quei tentativi, caricò Cauldron 2 della Palace Software, dicendo a Ivan: “Così si fanno i videogiochi, altrimenti non andrai mai da nessuna parte“.

Ivan tornò a casa mesto, ma si alzò il giorno dopo con una rinnovata spinta, deciso a migliorare per poter gareggiare con le altre software house a livello mondiale.

Nel giro di poco tempo, aveva fatto così tanti progressi che il giornalista decise di muovere i primi passi verso la creazione della software house. Non avendo esperienza in campo imprenditoriale, Carlà chiese l’aiuto di Riccardo Arioti, figlio di Mario (noto per le famigerate cassette Armati e già direttore di Italvideo); questi aveva già esperienza nel non facile settore della pubblicazione e distribuzione dei videogiochi in Italia. I due diventeranno poi soci in quell’azienda che, senza tentennamento alcuno, il giornalista intese battezzare come il suo sogno: Simulmondo.

Il primo annuncio con cui Simulmondo cerca personale (indirizzo di casa di Francesco Carlà).

Nei primi mesi d’avvio, l’azienda non aveva una vera sede: l’indirizzo e il numero di telefono dell’azienda erano infatti quelli del domicilio del giornalista. Carlà, nella sua rubrica “Playworld” sul n.68 di MC Microcomputer, a proposito del primo titolo che sarebbe stato pubblicato dall’azienda, scrisse che, visto che le bocce furono utilizzate dai fratelli Lumière per il loro primo film, aveva senso che ne fosse realizzata una versione interattiva proprio dalla Simulmondo. Il primo titolo proposto a Ivan, infatti, è una simulazione di bocce.

Venturi avrebbe preferito come sua prima uscita “ufficiale”, il titolo su cui stava lavorando: Columbus Race, un misto di Elite con combattimenti arcade ispirato proprio al viaggio di Cristoforo Colombo.

Carlà insistette, ricorda Ivan, che abbandonasse quel progetto per concentrarsi pienamente su Bocce; così il programmatore abbandonò le caravelle per mettersi a studiare come replicare in modo realistico il movimento dello sport sull’hardware Commodore 64.

Venturi decise anche d’inserire qualche riferimento alle sue passioni nel codice, come la schermata di caricamento ispirata dal suo amato Sacred Armour of Antiriad, il classico action-adventure della Palace Software.

Bocce fu pubblicato e venduto dall’azienda di Arioti, Italvideo, nonostante si tratti del primo titolo in cui compare il logo di Simulmondo. La successiva versione aggiornata, Bowls, uscita l’anno successivo fu, invece, pubblicata proprio dall’azienda di Carlà.

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Dopo il discreto successo di Bocce, fu Mario Arioti a richiedere al giovane programmatore lo sviluppo di un titolo che potesse rappresentare un piccolo assaggio di vita quotidiana in Italia, che fosse anche nel giusto spirito natalizio visto che si stava avvicinando la fine dell’anno.

Venturi ne parla come uno sviluppo veloce e senza fronzoli, un mesetto di lavoro circa. Qualche dubbio rimaneva sull’effettiva appetibilità per le famiglie sul preferire il sedersi davanti alla televisione, rispetto alla più tradizionale tavola natalizia con la versione reale del gioco stesso.

Non vi sono dati di vendita su Tombola, ma Ivan lo ricorda con soddisfazione, specie in quanto al rapporto tra pagamento e tempo di sviluppo.

Nel giugno del 1988 Venturi – finalmente – si diploma dal liceo artistico, continuando a lavorare su quello che sarà il terzo titolo a portare il logo Simulmondo: Simulgolf.

Comincia ufficialmente l'avventura Simulmondo

Finalmente libero dal giogo scolastico, oltre ad aver compiuto l’età giusta per essere assunto e iniziare a lavorare per una società, l’azienda si trasferisce da casa di Carlà per arrivare alla prima storica sede di Viale Berti Pichat, a Bologna.

Ancora all’epoca, la software house era un’impresa di minuscole dimensioni: Carlà e Arioti nel ruolo di direzione, Ivan Venturi come unico programmatore e una quarta persona, Federico “Wiz” Croci, incaricato di stampa, distribuzione e PR.

Federico conobbe Carlà in maniera simile a Venturi, proprio per una corrispondenza d’interessi con il giornalista. Wiz iniziò una serie di collaborazioni con MC Microcomputer per cui scrisse diversi articoli, tra cui la soluzione dell’avventura The Pawn per C64. Ma, rispetto a Venturi, Federico ricorda che il suo rapporto con Carlà non si trasformò mai in una vera e propria amicizia.

D’altronde, Carlà proveniva da una classe sociale diversa rispetto ai suoi ben più giovani collaboratori: non solo il padre era imprenditore, ma lui studiava all’università. I pochi anni di differenza che, inizialmente, sembravano non avere molto peso nelle relazioni tra il direttore di Simulmondo e i suoi collaboratori, assumeranno – in seguito – un ruolo importante nella storia della software house.

La prima sede fu arredata con mobili e scrivanie di seconda mano, la prima pulizia a fondo fu realizzata proprio da Venturi e Croci, così da poterne conseguire un minimo guadagno.

Nei mesi, il rapporto tra Ivan e Francesco Carlà era, naturalmente, cresciuto: mentre il giornalista era “la mente” con le sue idee geniali, a Venturi spettava sedersi davanti allo schermo e farle diventare una realtà che potesse essere divertente per tutti i giocatori. Il giovane giornalista faceva un uso intelligente dei suoi contatti nel mondo dell’editoria, così il nome di Simulmondo – nonostante fosse un’azienda giovane con alle spalle pochissimi titoli – iniziava a comparire sempre più spesso, anche al di fuori della stampa specializzata. Sia Venturi che Carlà furono i veri pilastri della software house, ancor prima della nascita ufficiale dell’azienda e dell’iscrizione nel registro delle società.

Per quanto riguardava Ivan, Simulmondo era una creazione che apparteneva a entrambi. O perlomeno, così credeva.

 

Intervista a Simulmondo da Zzap! Di Settembre 1989

Su “Playworld”, Carlà tornò ancora sul paragone tra la sua azienda e il cinema:

“Il motivo della nascita di Simulmondo è uno solo […] dare un volto italiano al software che di volto ha avuto solo quello anglosassone e francese. Mi piace pensare che possa essere come per il cinema quasi un secolo fa: all’inizio produrre film è stato un fatto soprattutto tecnico; ma già dagli anni dieci e venti ha cominciato a farsi largo la fantasia”.

Per quanto sia facile vedere, al giorno d’oggi, il potenziale conflitto d’interessi nel lasciare che un giornalista scriva articoli sui videogiochi prodotti da se stesso, all’epoca non sembrava rappresentare un problema per la stampa Italiana.

Nell’autunno del 1988, l’azienda coglie l’occasione di celebrare la propria nascita con il (primo) Simulmondo party. Carlà, nell’opportunità di festeggiare, adocchiava anche la ghiotta occasione d’incontrare di persona diversi dei programmatori che – nel frattempo – avevano avuto tenuto contatti con lui e Venturi. Tra i vari invitati, ci saranno futuri pilastri dell’azienda come Riccardo Cangini e i fratelli Dardari, che di lì a poco avrebbero iniziato a lavorare sul loro Italy ’90 Soccer. Molti di loro furono assunti praticamente sul momento, tra una bicchiere di birra e un tramezzino.

Venturi menziona come questa fu la prima volta, in Italia, in cui la comunità di programmatori si riunì, un’idea che lui stesso sfrutterà in futuro in maniera ben più sistematica.

“Da quel momento, Carlà diventerà ancora di più il mio mentore e riferimento” ricorda Ivan.

Damiano Gerli

Articolo originalmente apparso su: genesistemple.com

Bibliografia

  • (1987-1992) MC Microcomputer; 68, 71, 72, 73, 76, 77, 79, 80, 99, 110, 111, 112, 116; Technimedia.
  • Cirica F. (2015), Simulmondo: La Nascita dell’industria videoludica italiana e la sua evoluzione, Tesi di laurea, Università di Bologna.
  • Venturi I.(2020), Vita di Videogiochi: Memorie a 8 bit, pubblicazione indipendente.
  • Pachetti A. (2015), Una conversazione con Francesco Carlà, Quattrobit. (ultima visita 30/04/2021)

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