Il mercato italiano è spesso un’entità piuttosto nebulosa da immaginare. IPID cerca di rendere un’idea delle aziende che ci lavorano sia grazie al momento di incontro che è lo Svilupparty, sia tramite le numerose interviste ai team. Ma alcune cose si possono comprendere solo con uno sguardo d’insieme.

È questo l’obiettivo che si è prefissato Fabio Brigidi quando ha deciso di analizzare i dati provenienti dall’enorme database di Dun & Bradstreet, un’azienda statunitense che rende disponibili analisi commerciali, dati e approfondimenti per fini commerciali. D&B registra informazioni da oltre 300 milioni di aziende provenienti da tutto il mondo. È una fonte affidabile, che viene aggiornata di anno in anno permettendo così un confronto coerente e costante dei dati. Fabio ha ottenuto i dati relativi al 2019, quelli disponibili pubblicamente.

Incrociando poi questi dati con quelli presenti sul sito di IPID, che da anni tiene traccia degli sviluppatori italiani, si è potuto creare un database che rende l’idea dello scenario delle aziende di videogiochi in Italia.

Il primo dato che salta all’occhio è sicuramente quello relativo al fatturato totale di 66.77 milioni di dollari, per avere un rapido confronto secondo il rapporto Entertainment & Media Outlook in Italy 2020-2024 di PwC, il fatturato totale del settore dell’entertainment in Italia nel 2019 si attestava a 34,1 miliardi di euro. In questo il fatturato del mercato cinematografico era di 698 milioni di euro e quello dei videogiochi (totale quindi non confinato alle sole produzioni Italiane), secondo I videogiochi in Italia nel 2019 – Dati sul mercato e sui consumatori di IIDEA, è di 1 miliardo e 787 milioni di euro.

Le entrate generali mostrano anche una certa disparità nei guadagni, con Milestone che da sola guadagna circa la metà (32.07 milioni di dollari) del fatturato totale (66.77 milioni di dollari). Da questo punto di vista merita un approfondimento anche il dato delle entrate medie (1.39 milioni) che con uno squilibrio così marcato difficilmente potrà risultare rappresentativa. Molto più plausibile, sebbene sconfortante, sembra invece essere il dato della mediana (0.195 milioni), che confrontato agli altri dati permette di farsi un’idea dello squilibrio presente tra pochissime aziende che guadagnano tanto e moltissime con guadagni invece molto ridotti.

Fabio ha poi provato a correlare i dati per regione.

Questi dati risultano interessanti perché ci forniscono una serie di informazioni difficilmente reperibili. Si nota ad esempio che la Lombardia è la regione col maggior numero di revenue mentre l’Emilia-Romagna ha il maggior numero di ditte.

La regione invece in cui le ditte presentano una maggiore consistenza finanziaria, basandosi sulla mediana dei proventi, è il Lazio.

Risultano interessanti anche i dati del numero di impiegati per azienda, ma va fatta una premessa. Una simile indagine ovviamente non può tenere conto del numero di prestazioni occasionali o freelancer di cui le varie aziende si avvalgono. 

Questi numeri coinvolgono solo gli effettivi dipendenti dei vari team.

Si nota subito la forte presenza di ditte individuali e il numero estremamente basso di ditte con più di dieci impiegati.

La suddivisione per regioni ci fornisce altre informazioni interessanti: mostra ad esempio che l’alto numero di aziende in Emilia-Romagna non corrisponde ad un elevato numero di dipendenti, indice di imprese tutte molto piccole. Oppure che la lombarda Milestone assorbe il maggior numero di dipendenti della regione (oltre 200) come si può vedere dal valore mediano molto basso, superato da regioni con un numero molto minore di aziende come ad esempio la Sicilia, dove, Stormind Games, l’unica azienda presente, ha un numero di impiegati sopra la media.

In conclusione questa analisi ha creato un piccolo database, una fotografia della situazione nell’anno finanziario del 2019, con la possibilità di continuare a monitorare la situazione per vedere l’evoluzione delle aziende italiane di videogiochi.
Sarà interessante conoscere l’andamento di tutti i dati raccolti quando diventeranno disponibili quelli del 2020. Sì potrà così iniziare a vedere un trend e avere un’idea dell’evoluzione delle aziende nel corso degli anni.

Al momento, tra le 118 ditte registrate a IPID, solo 48 presentavano informazioni utilizzabili per lo studio, probabilmente a causa del fatto che molte delle società registrate all’associazione siano gruppi informali, amatoriali o presentano membri con partite iva individuali e non vere e proprie ditte registrate, la speranza è che il loro numero si incrementi in futuro.

Si ringrazia Fabio Brigidi per la ricerca e disponibilità che ha reso possibile questo articolo.